Insufficienza Venosa


Constatando la diffusione dell’insufficienza venosa e considerandola in tutte le varie forme dalla più lieve alla più grave, si potrebbe quasi pensare che il peccato originale consista proprio in questo tipo di affezione. .

In realtà le cause dello sviluppo e dell’estendersi di questa patologia non sono da imputare ad Adamo ed Eva , anche se ,quasi come una nemesi, è proprio Eva la più colpita; ciò accade non per sua colpa e responsabilità diretta, ma proprio per la sua costituzione femminile. .

A dire il vero , sembra che l’unica colpa dell’essere umano, sia stata quella che con l’evoluzione l’ha portato a camminare su due gambe anziché su quattro zampe: i quadrupedi infatti non soffrono di varici. .

Partendo da questa constatazione cercheremo di spiegare cosa succede a circa il 30% del genere umano per la vita che conduce oggigiorno. La funzione del nostro apparato venoso è quella di riportare il sangue non più ossigenato, dopo aver nutrito i tessuti, al cuore e ai polmoni. .

Questa funzione di ritorno verso il cuore si esercita in senso contrario alla forza di gravità terrestre. .

Tale difficoltà è tuttavia bilanciata dalla funzione cardiaca che spinge il sangue in periferia nelle arterie. .

L’attività cardiaca è anche coadiuvata dalla presenza di strutture valvolari che durante la pausa della spinta cardiaca si chiudono e si oppongono alla ricaduta verso il basso del sangue che è contenuto nelle vene. .

L’altro importante fattore che determina il ritorno venoso è la cosiddetta pompa muscolare costituita dai muscoli delle gambe. .

Le vene infatti decorrono parallele a questi muscoli che a loro volta sono contenuti in una guaina inestensibile. .

La ritmica contrazione di questi muscoli e la buona funzionalità delle valvole delle vene, garantiscono un perfetto ritorno del sangue al cuore: tutto ciò avviene durante la deambulazione e solo durante questa. .

Negli animali la colonna ematica che determina la pressione idrostatica è dovuta dalla postura a quadrupede. .

Questa pressione nell’uomo è aumentata da quando ha assunto la posizione eretta. Tale situazione, considerata dal punto di vista evolutivo, ha fatto sì che l’apparato venoso, perfettamente efficiente nei quadrupedi, sia divenuto insufficiente a controbilanciare l’aumentata pressione venosa nei bipedi. .

In questi ultimi infatti l’aumentata distanza da terra fa sì che la forza esercitata dalla gravità sia maggiore. .

Potremmo dire che in questo caso la natura,non che generalmente trasforma gli organi a secondo della funzione, questa volta non abbia equiparato le caratteristiche biologiche alle nuove esigenze. .

Il nostro corpo e quindi le sue componenti, sono sempre in equilibrio tra loro se vengono utilizzate secondo la loro programmazione. .

Infatti se gli arti inferiori fossero usati in maniera corretta e non in base alle nostre necessità, non ci sarebbero molti squilibri. .

In pratica le gambe sono state fatte per camminare e la loro salute può essere mantenuta solo se si cammina. Si può a questo punto affermare che l’estendersi e il diffondersi della patologia venosa siano legati all’attuale civiltà e progresso caratterizzati da una maggiore sedentarietà e un minore movimento delle gambe. .

Questa patologia può manifestarsi in varie età e con una gamma diversa di sintomi: dalle gambe che accusano un fastidioso senso di peso serale, alle varici conclamate più o meno estese, all’embolia polmonare. .

Le varie sintomatologie legate a disfunzioni venose degli arti inferiori sono normalmente riferite ad alterazioni che coinvolgono prevalentemente le valvole del circolo venoso superficiale e/o profondo. .

In un secondo momento l’aumento della pressione venosa può ripercuotersi sul tessuto del sottocutaneo e sulla cute stessa, provocando rispettivamente una ipodermite o un’ulcera. .

Ciò significa che la cattiva funzione delle valvole delle safene e delle vene superficiali o delle vene tibiali , poplitee ofemorali, induce un aumento della pressione venosa agli arti inferiori; tutto questo dà sintomi oggettivi quali la presenza di dilatazioni venose, alle quali corrispondono sensazioni soggettive, cioè avvertite dal paziente: senso di peso, prurito, calore, bruciore. .

Dopo un certo periodo tale situazione evolve e si ripercuote sui tessuti circostanti nei quali si ha un’alterazione degli scambi nutritivi, per cui si forma una condizione di sofferenza tissutale. .

Soggettivamente i disturbi si accentueranno con l’insorgenza di un gonfiore e un edema, rossore , aumento della temperatura locale, formazione di macchie brunastre o marrone scuro, fino alla comparsa di ulcere , cioè di ferite della cute che non tendono alla guarigione spontanea. .

Un’altra pericolosa complicanza,che comunque costituisce una normale evoluzione delle varici è la flebite. .

Questa consiste nella coagulazione del sangue contenuto nelle vene..

Questa evenienza si ha nel 15% dei soggetti portatori di flebopatia..

Ciò che ho appena descritto corrisponde ad una schematizzazione molto valida da un punto di vista didattico: la realtà è spesso diversa. .

Esistono casi in cui sono presenti varici estese e di notevole calibro a cui non si accompagnano sintomi soggettivi particolari e pazienti nei quali l’evidenza oggettiva è piuttosto scarsa, i quali viceversa accusano disturbi insopportabili. .

Ancora si incontrano persone che non sono portatrici di varici visibili o valutabili strumentalmente, nelle quali sono evidenti i segni di una insufficienza venosa cronica. .

Queste considerazioni pratiche possono indubbiamente creare della confusione sia nel medico che nel paziente, se non si cerca di allargare il criterio di interpretazione di certi segni o sintomi: certamente per ogni cosa esiste una spiegazione coerente che lo specialista deve ricercare caso per caso. .

Solo così, analizzando singolarmente i casi, potrà individuare i rimedi che spesso, per quadri anche simili,possono essere alquanto diversi. .

Ad esempio è opinione di chi scrive che quadri clinici di una patologia venulare cutanea e sottocutanea (edema, cellulite, discromie cutanee, ulcere) talvolta siano completamenti indipendenti da patologie valvolari dei grossi tronchi venosi come varici flebiti e sindromi post-flebitiche. .

Spesso un edema declive è riferibile ad uno squilibrio posturale o un appoggio alterato. .

Ciò conferma quanto già detto precedentemente che a livello degli arti inferiori , e non solo di essi, la buona funzione è legata ad una buona conformazione osteo-tendinea muscolare e che la buona funzionalità degli arti è prevalentemente legata al loro buon uso, cioè al cammino..